Progetto

Il progetto “Self Care Community– Comunità sostenibili, resilienti e attivanti” nasce  all’interno delle iniziative e dei progetti di rilevanza regionale ai sensi dell’articolo 72 del DDL 3 luglio 2017, N. 117 – ADP 2019 e si articola nei territori dei Comuni di Bevagna, Gualdo Tadino, Gubbio, Narni, Norcia e Orvieto. Dai dati Istat 2018, la popolazione complessiva dei Comuni è di 104.725 abitanti e le famiglie sono 45.165. Analizzando l’indice di vecchiaia, le diverse realtà riportano valori al di sopra della media regionale. Se analizziamo il dato dell’incidenza degli anziani soli, (rapporto percentuale delle famiglie unipersonali anziane (>65 anni) sulla popolazione con più di 65 anni, l’indice più alto è senza dubbio quello del Comune di Norcia che ha un dato di 31,4 mentre quello regionale è di 24,5. Altro dato significativo è senza dubbio l’indice di vulnerabilità sociale materiale, se confrontato con quello nazionale e regionale, situa i diversi territori su valori mediani con punte più alte nei Comuni di Bevagna e Norcia (dato pre-Covid). La scelta di questi territori è stata fatta sulla base di una rete di relazioni già preesistenti e sulla presenza di interventi diversi sulle comunità che, negli anni più recenti, hanno mostrato una forte capacità di innovare.

L’emergenza da coronavirus e ciò che ne è conseguito, sul piano economico e sociale oltreché sanitario, ha posto in evidenza gli effetti di ciò che la sociologia definisce le “società del rischio” (Beck). In un quadro recessivo di portata drammatica, e oltretutto appare ormai chiaro che Il COVID-19 è destinato a durare assumendo tratti di natura endemica, realisticamente ci porta ad aspettarci focolai epidemici ricorrenti, probabilmente stagionali. L’esposizione continua al rischio, in modo massivo e imprevedibile, sul piano sociale e relazionale, potrebbe toglierci qualsiasi orizzonte prospettico compromettendo anche in modo definitivo quella rete di rapporti, vincoli, legami e riferimenti che abbiamo costruito gradualmente (non senza difficoltà) nella nostra esistenza. Le ricerche sugli effetti sociali dei disastri e, in particolare, quelle fatte a livello umbro sui terremoti, hanno mostrato la stretta relazione tra le dimensioni del “naturale” sconvolgimento tellurico e le modalità insediative delle zone colpite a definirne il gradiente di impatto. Ciò vale anche nel caso della pandemia Covid-19. Essa, con le sue gravissime conseguenze per la popolazione e l’economia, si presenta a noi come una cartina di tornasole di alcuni tratti caratteristici della struttura sociale delle comunità colpite e del loro livello di organizzazione sociale. Accesso diseguale alle cure e al sistema sanitario, diseguaglianze nel mercato del lavoro, disparità di istruzione, riduzioni opportunità di lavoro, impoverimento economico, crisi dei modelli tradizionali di servizi sociali e di welfare in generale, effetti dell’invecchiamento e condizione di svantaggio delle persone anziane, digital divide, sono solo alcuni dei fenomeni sociali preesistenti alla diffusione del virus, la cui portata e rilevanza sono state accentuate dalla pandemia. Va anche tenuto presente che la condizione di disabilità può essere un moltiplicatore dei processi di esclusione e di isolamento per la persona che la vive e per la sua famiglia. Inoltre, la condizione di non autosufficienza, laddove c’è carenza di adeguati sostegni, rappresenta un ulteriore fattore in grado di aumentare considerevolmente il rischio di impoverimento delle famiglie. La crescita delle spese destinate alla cura e l’aumento del tempo dedicato all’assistenza informale, con le inevitabili ripercussioni sulla partecipazione al mercato del lavoro dei caregiver familiari, sono aspetti che incidono direttamente e indirettamente sul reddito familiare. L’esposizione di alcune fasce di popolazione a situazioni di rischio, inteso come incertezza della propria condizione sociale ed economica determina veri propri processi di esclusione sociale. Il concetto di vulnerabilità sociale, tuttavia, non aiuta soltanto a prestare attenzione a ciò che c’era “prima” del disastro ma anche a ciò che avviene “dopo”. L’ulteriore indebolimento che il la pandemia da Covid-19 ha portato, su quelle che rappresentano le tre istituzioni centrali per la persona e che sono il mercato del lavoro, la famiglia ed il welfare state, sta determinando nelle comunità locali uno stato permanente di incertezza fonte di sofferenza e inquietudine che, per essere affrontato, richiede interventi complessi ed integrati che debbono necessariamente partire da una prospettiva non soltanto risarcitoria, ma anche promozionale e di sostegno. Secondo questa prospettiva, la capacità di risposta a un disastro, l’andamento e l’esito del processo di riabilitazione, di abilitazione, di ripresa e di ricostruzione, dipendono dalla disponibilità di risorse economiche, organizzative e culturali all’interno e all’esterno delle comunità colpite e dalle relazioni tra queste comunità e il mondo circostante. Ciò che avviene “dopo” si presenta, quindi, come il risultato di un complesso gioco di relazioni interne ed esterne alla comunità colpita che hanno come oggetto la richiesta, l’ottenimento, l’uso, il controllo di risorse di vario tipo. Pertanto per il progetto l’oggetto principale di attenzione sono le comunità che vivono in contesti di piccoli e medi Comuni del territorio regionale, dove è più avvertita l’assenza di opportunità e di servizi e dove negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo arretramento delle diverse agenzie (sia pubbliche che private), ad una scomparsa concrete opportunità di accesso e di fruizione di prestazioni e di beni necessari soprattutto alle famiglie in difficoltà, alle persone con disabilità ed agli anziani (per difficoltà legate alla mobilità, per mancanza di accesso alle reti informatiche e per i processi di usura delle reti sociali).

  1. La centralità della persona ed il valore dei legami di comunità sono gli assunti che sostengono l’idea progettuale, che propone, quindi, una serie di interventi che agiscono sia sul piano individuale che su quello collettivo. Sul piano della singola persona sono mirati a prevenire o ridurre la dipendenza da supporti in termini di assistenza e ad evitare, laddove necessario, l’assenza di sostegno, o a scongiurare interventi inappropriati, non personalizzati e/o decontestualizzati. Sul piano della comunità aspirano invece ad aumentare la capacità di farsi carico, sia a livello formale che informale dei diritti e dei bisogni delle persone e a realizzare soluzioni in cui la persona sia sostenuta e capacitata negli atti e nelle aspettative di vita quotidiana.
    Il progetto, partendo da tale assunti, intende fornire un supporto persone ed alle collettività dei territori coinvolti affinché possano:
    1. rafforzare le competenze di una comunità nel fronteggiamento delle situazioni (post emergenziali) che la pandemia ha portato con sé (resilienza comunitaria). In quanto approccio particolarmente adatto alle
    situazioni caratterizzate da problematiche complesse e intrecciate e da un significativo grado di incertezza rispetto alle soluzioni da adottare, la resilienza sociale (o di comunità) presuppone un forte orientamento alla sperimentazione e una significativa disponibilità a gestire in modo flessibile il processo;
    2. sviluppare la capacità dei singoli attori e/o dello organizzazioni/istituzioni del territorio nel
    responsabilizzarsi e nel coinvolgersi ad aspirare a una migliore qualità della sua vita (empowerment
    collettivo). È solo attraverso l’empowerment collettivo che le persone, mettendosi insieme, acquisiscono
    il controllo sulla propria vita e sulla propria salute, intesa come “uno stato totale di benessere fisico,
    mentale e sociale”, soprattutto quando di fronte ad eventi drammatici, riesce più difficile (se non
    impossibile) agire individualmente;
    3. capacitare le “persone vulnerate”, ovvero rendere possibile per i singoli individui che vivono in modo ancor più problematico la fase post emergenziale (minori, anziani, persone con disabilità con disabilità e famiglie fragili), la possibilità di effettuare scelte che possono ridurre il rischio concreto di processi di esclusione sociale (approccio alle capability). All’interno di tale approccio si inserisce la tematica dell’auto aiuto e della consulenza alla pari come strumenti principi per la capacitazione di persone e famiglie vulnerate.